Vai ai contenuti


REGISTRAZIONE ♫ AUDIO

3° COMANDAMENTO RICORDATI di SANTIFICARE le FESTE

 Il terzo comandamento dice: «Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro» (Libro dell’Esodo 20,8-11).

 Il giorno di sabato era, ed è tuttora, per il popolo d’Israele il giorno consacrato al Signore: giorno di assoluto riposo per dedicarsi esclusivamente al culto di Dio, con la lettura dei testi sacri e la preghiera. Per i cristiani il giorno del Signore non è più il sabato, ma la domenica, perché in questo giorno, «il primo dopo il sabato» (Vangelo di Giovanni 20,19), è risuscitato Gesù ed è iniziata una nuova era. La risurrezione, infatti, la nuova Pasqua, la vittoria di Cristo sulla morte, la sconfitta di Satana, il compimento delle Scritture.

 La domenica ci dà l’occasione di compiere l’opera di Dio e di credere in Colui che Egli ha mandato (Vangelo di Giovanni 6,29). Contro la tentazione di amare solo noi stessi e di credere perduta ogni ora che non sia dedicata a produrre ricchezza e ad accontentare il corpo, ci viene offerta una sosta che ci dà modo di pensare a Dio, a noi stessi, alla famiglia, al prossimo, alla nostra vocazione cristiana. Infatti, come afferma Gesù nel Vangelo, ciò che conta nella vita è salvare la nostra anima: «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?» (Vangelo di Marco 8,36).

 Non è perdere tempo usare il tempo per Dio, anzi è guadagnarlo. Perché chi ci ha dato la vita e ce la mantiene? Chi ha fatto il mondo su cui viviamo e tutte le cose a nostro servizio? Ricordiamo le parole di Gesù: «Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto?» (Vangelo di Luca 12,25-26); «Non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello... Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!...

 Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà» (Vangelo di Matteo 5,36; 10,30-31.39). Spendere tempo per il Signore è guadagnare l’eternità.

 Chi ama Dio ama se stesso, perché il Signore è la Vita. “Perdere tempo” per Dio è guadagnarlo, perché il Signore ci ottiene la vita eterna, ci mantiene quella terrena e ci dà la saggezza per spenderla bene. Chi ama Dio, infatti, oltre ad assicurarsi la vita del cielo, riceve quella divina sapienza che lo aiuta a non perdere tempo per cose inutili o dannose, e quindi ad avere più tempo per le cose buone e immortali.

 Dio si riposò il settimo giorno dopo aver compiuto la creazione (Libro della Genesi 2,2-3), insegnandoci a imitarlo ed a ubbidire al suo ordine d’amore. È un comando salutare, sia per il corpo che per lo spirito. Riposano gli animali dopo il lavoro, riposa la terra dopo il raccolto, riposa la natura dopo la buona stagione. Dio sa che siamo fragili e che, nello sforzo continuo, il cuore si ammala. Perciò provvede ai nostri bisogni, esortandoci a non affannarci troppo per le cose di questo mondo (Vangelo di Matteo 6,25-34)
ed a saper consumare il tempo che ci è dato in modo proficuo e ordinato.

 Gli affanni della terra, quando sono eccessivi, sono un pericolo e possono creare effetti sempre più negativi. È per questo che Dio ci educa alla saggezza, per mezzo della sua sapiente e amorosa Parola. I suoi comandi non limitano la nostra libertà, ma anzi la espandono e la conducono nella direzione giusta: verso la fonte della vita, dell’amore, della pace, della gioia.

Il Signore vuole la nostra salute, anche quella corporale.

Se, da Adamo in poi, fossimo rimasti suoi veri figli, non avremmo conosciuto le malattie. Queste, infatti, insieme al dolore e alla morte, sono frutto del peccato e germogliano le une dalle altre. Così è imprudenza colpevole il volersi forzare a continua attività per guadagnare sempre di più, come è un errore il voler godere imprudentemente oltre misura non accontentandoci dei beni che abbiamo. Al riguardo disse Gesù ad un uomo avaro, lussurioso e materialista: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio» (Vangelo di Luca 12,20-21). Dobbiamo perciò sospendere i nostri lavori in giorno di festa, quando ciò è possibile, per non dimenticarci del Signore, che è il bene della nostra anima e l’anima del nostro bene. Infatti, chi perde Dio perde tutto e cade nella più assoluta povertà. Nella vita, specie per chi ha famiglia, può capitare di dover fare un necessario lavoro per la casa, la campagna, un’attività, ma possibilmente non si tralasci la Messa e la preghiera.

Abbiamo sei giorni per il lavoro. La domenica è del Signore. Solo una cosa possiamo fare nel suo giorno: il bene al prossimo nostro. Ma il lucro deve essere assolutamente escluso da questo aiuto. Chi viola per lucro il giorno santo di Dio non può aver che castigo da Dio. Guadagna? Lo sconterà con perdite negli altri sei giorni e con sprechi inutili. Non guadagna? Ha faticato invano il corpo, non concedendogli quel riposo che l’Intelligenza ha stabilito per esso, imprecando alterandosi con ira lo spirito per aver inutilmente faticato. Mentre il giorno del Signore va trascorso col cuore unito a Dio in dolce e serena preghiera d’amore, e in santa e gioiosa fraternità.

La pausa domenicale, oltre a favorire un giusto riposo corporale ed essere un mezzo di amore soprannaturale, costituisce anche un impegno a favore della famiglia, nell’educazione dei figli, nell’affetto verso la sposa o lo sposo, nell’assistenza ai genitori, nelle relazioni sociali. Insegna il Catechismo: «L’istituzione del giorno del Signore contribuisce a dare a tutti la possibilità di godere di sufficiente riposo e tempo libero che permetta di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa» (Catechismo della Chiesa Cattolica 2184).

La domenica è soprattutto il “Giorno del Signore”, il “Dies Domini”, da santificare con la preghiera, l’ascolto della Parola, la riflessione personale, la carità fraterna, il culto della Messa, il nutrimento dell’Eucarestia. È il giorno che celebra la risurrezione di Cristo, il giorno solenne dell’assemblea cristiana in cui Gesù spezza ancora il pane con noi e ci comunica il suo amore.

È l’incontro con la Persona che amiamo e dal quale siamo amati, poiché nell’Eucarestia Gesù ci dà veramente il suo Corpo, il suo Sangue, la sua Parola, il suo Spirito, la sua Anima, la sua Divinità, il suo Amore. È il giorno della fede in cui comprendiamo che cosa dobbiamo fare per avere la vita eterna.

Santo è il lavoro, più santa è la famiglia, Santissimo è Dio. La domenica è il “giorno del Signore”, poiché Cristo è “il Signore del giorno”. È Lui che dà senso alla nostra vita, la mantiene, la promuove, la santifica, la compie, la sublima.
SITO in ALLESTIMENTO
Eventuali violazioni ai DIRITTI d'AUTORE, se DEBITAMENTE SEGNALATE a ezio1944@gmail.com - VERRANNO IMMEDIATAMENTE RIMOSSE
Torna ai contenuti