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10° COMANDAMENTO NON DESIDERARE la ROBA d'ALTRI

Decimo ed ultimo comandamento: «Non desiderare la casa del tuo prossimo... né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo» (Libro dell’Esodo 20,17).

Non va bene volersi appropriare dei beni degli altri, perché le cose materiali sono il mezzo della vita, non il fine.
Il corpo è a servizio dell’anima, non l’anima a servizio del corpo. Chi desidera avidamente le cose del suo prossimo si lascia prendere dagli affanni della vita e dimentica il grande valore della povertà evangelica per il regno dei cieli (Vangelo di Matteo 5,3; 6,19-21; 19,21-29).

Anche se uno è nell’abbondanza, dice il Signore, la sua vita non dipende dai beni che possiede: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni. Disse poi una parabola:

La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?”. E disse: “Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?”.
Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio» (Vangelo di Luca 12,15-21).

Dobbiamo perciò tenerci lontano da ogni tipo di avarizia e di invidia, per cercare la grandezza e la stabilità del regno di Dio (Vangelo di Matteo 6,33). Dobbiamo dirigere i nostri affetti secondo lo spirito del Vangelo, liberi dai richiami del mondo, per non essere impediti nella ricerca dell’amore vero: «Tutti i fedeli devono sforzarsi di rettamente dirigere i propri affetti, affinché dall’uso delle cose di questo mondo e dall’attaccamento alle ricchezze, contrario allo spirito della povertà evangelica, non siano impediti di tendere alla carità perfetta» (Catechismo della Chiesa Cattolica 2545).
È peccato desiderare? Chi può dire di non aver mai desiderato le cose del suo prossimo? Come si può seguire la legge di Dio se Egli è così esigente?

Come per il nono comandamento, non tutti i desideri sono peccato. Gesù non è così intransigente da vietarci di apprezzare il valore delle cose e di contemplarle. Il desiderio, infatti, quando è buono e onesto, è una fonte di energia e di progresso per la vita, poiché ogni cosa compiuta nasce dalla volontà di compierla.
Dio ci raccomanda solo di non desiderare a tal punto le cose degli altri da volercene appropriare ingiustamente. Ci raccomanda di non desiderare ciò che non è nostro e non è bene, vietandoci il desiderio che porta al peccato e che rovina la nostra anima, nel rispetto dei diritti altrui. Dobbiamo essere contenti di ciò che abbiamo e volere solo ciò che rende contenti.

Lavoriamo con fede e onestà, senza esagerare nelle preoccupazioni, e affidandoci a Dio: «Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù» (Lettera di Paolo ai Filippesi 4,6-7). Come dice la Sacra Scrittura: «Alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore» (Salmo 61,11).

Non sono le ricchezze altrui che ci rendono felici e che aumentano il nostro capitale, ma quelle avute dal nostro onesto
lavoro e che il Signore benedice. Solo i desideri buoni procurano vera ricchezza di cose, sano benessere nel corpo, costante pace nell’anima.

Guai a chi è avido e ingiusto, a chi mette discordia nelle famiglie per questione di soldi e di eredità! Costui dovrà rispondere al Signore della sua anima e di quella dei propri familiari. Guai a chi, per ingordigia e malignità, toglie il pane di bocca a un proprio fratello, specie se anziano e indifeso, portandogli via il necessario alla vita! Dio non sopporta l’avido corrotto e cattivo.

Il decimo comandamento esige anche che si bandisca dal cuore umano l’invidia, perché essa può portare alla mancanza di carità, al desiderio esagerato, all’ingiustizia, all’offesa, all’odio: «L’invidia è un vizio capitale. Consiste nella tristezza che si prova davanti ai beni altrui e nel desiderio smodato di appropriarsene, sia pure indebitamente. Quando arriva a volere un grave male per il prossimo, l’invidia diventa un peccato mortale» (Catechismo della Chiesa Cattolica 2539). Anche il diavolo, che per invidia ci vuol portare via la gloria della vita eterna, pecca di continuo gravemente contro il decimo comandamento: «Sì, Dio ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono» (Libro della Sapienza 2,23-24).

L’unica cosa che dobbiamo desiderare con tutto il cuore è di amare il Signore, di nutrirci della sua Parola, di vedere il suo Volto, di saziarci del suo Amore. Non dobbiamo essere preoccupati per i capitali della terra che prima o poi dovremo lasciare, ma dei capitali del cielo che godremo in eterno presso Dio:

«Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano.
Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore» (Vangelo di Matteo 6,19-21); «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Vangelo di Matteo 6,33).

I beni della terra sono uno strumento per guadagnare il cielo: «Meglio il poco con giustizia che la ricchezza con ingiustizia. Meglio è praticare l’elemosina che mettere da parte oro» (Libro di Tobia 12,8).

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