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La nuova Chiesa di Karl Rahner

Oggi sembra che nella Chiesa Karl Rahner abbia già vinto. Sembra, ma non è così, per due motivi: il primo è che l'impostazione teologica di Rahner è sbagliata e l'errore non può vincere sulla verità, la seconda è che nella Chiesa ci sono risorse di auto-aggiustamento impensabili. Nella Chiesa la verità vince, anche se gli uomini di Chiesa e le strutture della Chiesa dovessero sopportare gravi danni.
Sembra che abbia già vinto perché si è diffusa la tendenza a far precedere alla dottrina la pastorale; si pensa che non possano più darsi precetti assoluti; che il dogma sia anche frutto di interpretazione; che tutto nella Chiesa sia dentro la storia;
che la rivelazione avvenga nel mondo e non nella Chiesa; che tra storia sacra e storia profana non ci sia più differenza; che la prassi contribuisca a fare la verità; che il Vangelo non abbia senso se non letto a partire da una situazione concreta; che la morale tradizionale della Chiesa circa la sessualità sia superata; che non si possa mai giudicare e quindi valutare alla luce della ragione e della fede nessuna situazione oggettiva di vita; che non si possa più parlare di anima;
che la fede sia un'esperienza esistenziale; che possono essere ordinate preti anche le donne; che i vescovi e i parroci dovrebbero essere indicati dal basso; che la Chiesa docente debba imparare dalla Chiesa discente; che il centro della vita cristiana sia la misericordia senza la verità e la giustizia; che Dio in Cristo abbia già salvato tutti e che l'inferno è un mito come anche il peccato originale, i miracoli o la stessa creazione;
che nessuno sappia bene quando sia veramente in peccato; che la distinzione tra peccato mortale e veniale sia un cavillo legalistico; che siccome tutto è storia anche Gesù ha progressivamente vissuto un processo di consapevolezza del suo essere Dio; che la Chiesa non abbia nessun titolo preferenziale quanto a possesso della verità; che i divorziati risposati possano accedere all'Eucarestia; che i cattolici possano approvare le leggi sull'aborto;
che pretendere di influire sulle leggi dello Stato per motivi religiosi significhi trasformare la fede in ideologia; che la Chiesa non dice di no a niente ma si limiti ad accogliere e ad accompagnare; che i dogmi si evolvano; che la rivelazione avvenga nel progressivo sviluppo della coscienza; che la Chiesa ha delle relazioni tra uomo e Dio;
che la Scrittura abbia il primato sulla tradizione la quale sarebbe una sua interpretazione sempre in corso; che la Chiesa debba aprirsi non solo a tutti ma anche a tutto, che i pastori non debbano insegna re ma ascoltare; che non debbano dare risposte ma fare domande; che il dubbio sia positivo per la fede perché ne stimola la vita, che la legge nuova abbia abolito la vecchia con il suo legalismo; che obbedire a Dio per dovere sia un tradimento del Vangelo; che la vera mensa eucaristica non sia l'altare ma i poveri; che la secolarizzazione sia positiva per la fede perché la libera dalla tentazione ideologica; che il pluralismo filosofico e teologico sia un bene per la Chiesa; che possano darsi diverse legittime cristologie; che si debba promuovere un decentramento dottrinale;
che la sinodalità e la conciliarità debbano trovare una configurazione istituzionale permanente accanto al primato di Pietro; che non si debba fare proseliti; che la missione non vada intesa come conversione degli altri ma come conversione di se stessi; che il mondo vada ascoltato e non giudicato; che la fedeltà dottrinale sia contraria alla misericordia;
che l'interesse per la persona debba precedere l'interesse per il sacramento; che la Chiesa debba far proprio il linguaggio del mondo; che l'unità sia una forma di chiusura; che il convenire sia più importante dei suoi contenuti; che si debba collaborare con tutti; che importante sia fare tratti di percorso insieme indipendentemente dalle dottrine professate; che la dottrina non vada presentata tutta insieme; che le preoccupazioni di coerenza dottrinale soffochino lo slancio dello spirito e della carità.
Si dirà: ma proprio tutte queste cose dipendono da Karl Rahner? Non solo da Rahner, naturalmente, ma va riconosciuto che la vera svolta teologica l'ha fatta lui. Si dirà: ma la Chiesa di oggi non è tutta così... È vero, ma l'impostazione rahneriana, conosciuta o meno da chi la mette in pratica, va per la maggiore. Si dirà: ma questa sarebbe una Chiesa diversa da quella di prima...
Indubbiamente la svolta è profonda ed è per questo che è stato scritto questo libro. Scritto in parole semplici, parla non solo di Rahner ma anche della trasformazione della Chiesa che nel suo nome si vorrebbe compiere e che è a uno stadio piuttosto avanzato di realizzazione.

Karl Rahner (1904-1984) è considerato il più grande teologo contemporaneo. Si ricorda ancora quando, nell'immediato postconcilio, fu fatta un'inchiesta tra gli studenti della Pontificia Università Lateranense su quale fosse il più grande teologo cattolico di tutti i tempi: Rahner risultò al primo posto, battendo anche San Tommaso d'Aquino e Sant'Agostino.
Rahner ha elaborato una "nuova Scolastica", dando vita a un vero e proprio sistema teologico che comprende la teologia fondamentale, la dogmatica e la morale. Come tale ha influenzato la teologia cattolica e la vita della Chiesa in tutti i suoi aspetti e gran parte delle correnti teologiche postconciliari hanno la matrice originaria nel suo pensiero. Tutti i teologi che negli anni Sessanta e Settanta hanno portato avanti teorie al limite dell'ortodossia, e spesso ben oltre, sono a lui debitori.
Oggi, nelle università cattoliche e pontificie e nei seminari, la sua teologia è molto presente. L'influenza di Rahner sulla vita cristiana è stata enorme. Cornelio Fabro scriveva già nel 1974 che i sostenitori di Rahner "sono legione". Poche le critiche a lui rivolte, che possono costare la fine di una carriera accademica o ecclesiastica, tanta e tale è la sua autorevolezza e il sistema di potere teologico che attorno alla sua dottrina si condensa.
Tagliente solo la critica di Padre Fabro: il pensiero di Karl Rahner sarebbe per lui "la resa totale all'assedio contro la roccaforte del pensiero cristiano da parte del volontarismo moderno nella forma dello storicismo esistenzialistico". Nei suoi confronti non è stata emessa nessuna condanna, nonostante i numerosi e fondamentali punti contrari alla dottrina cattolica.
A Friburgo in Brisgovia, negli anni 1936-1937 Rahner seguì i seminari di Martin Heidegger, che, come dirà egli stesso nel 1970, è stato il suo unico maestro. Egli si rifaceva a San Tommaso, ma stravolgendolo. Padre Cornelio Fabro dice che "travisa" e "contorce" la speculazione tomista e che "ha distrutto la metafisica tomista e messo in crisi il pensiero cattolico" portandolo "allo squallore di antropologia esistenziale".
Per questo motivo la sua tesi di dottorato, in seguito pubblicata col titolo Gott im Welt (Dio nel mondo) fu bocciata dal professore. Le sue opere più famose sono state pubblicate prima della Seconda Guerra Mondiale: Dio nel Mondo (del 1939) e Uditori della Parola (del 1937 ma pubblicato nel 1941).
Insegnò a Innsbruck, nel 1964 successe a Romano Guardini all'Università di Monaco. Le sue lezioni presso questa università sul tema "Introduzione, al Cristianesimo" fungeranno da base per la sua opera fondamentale apparsa nel 1975 con il titolo Corso fondamentale sulla fede.
Prima del Concilio gli era stato proibito di insegnare alcune dottrine. In seguito Giovanni XXIII lo invitò a partecipare al Vaticano II in qualità di perito. Alla fine del Concilio, Paolo VI lo ricevette in udienza particolare e gli espresse il ringraziamento e il riconoscimento per il suo lavoro teologico in favore della Chiesa e del Concilio.
Nel 1965 fondò (con Yves Congar, Hans Küng, Johann Baptist Metz, Edward Schillebeeckx), la rivista "Concilium" (1), testa di punta del progressismo teologico cattolico e patria di tutte le "novità" teologiche contemporanee anche quelle più eterodosse.                   

(1)
La nota rivista internazionale di teologia “Concilium”, è il simbolo dei cosidetti “cattolici conciliari”, pur avendo ormai ben poco di cattolico. Fu fondata da: Yves Congar, Hans Küng, Johann Baptist Metz, Edward Schillebeeckx e Karl Rahner. Oggi i nomi italiani menzionati nelle pagine iniziali della rivista (fra i direttori e nel comitato scientifico) sono quelli di Giuseppe Alberigo e Alberto Melloni. I due dossettiani sono tra i maggiori oppositori, sui giornali (come il Corriere della Sera) ai pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI (cfr. articolo completo del 2006, sul blog di Antonio Socci).

Non si fa teologia senza lo strumento della filosofia. A quale filosofia fa riferimento Karl Rahner per la sua teologia? Il suo autore principale è Martin Heidegger, che però porta con sé le svolte di Kant e di Hegel. Tutti e tre questi filosofi transitano nella teologia di Rahner. Come? Attraverso il "buco della serratura".
In una delle sue opere maggiori, Rahner dice che noi vediamo il mondo come da un buco della serratura. Con ciò egli intende dire che la nostra esperienza è sempre un punto di vista su un aspetto finito del mondo. È sempre un punto di vista perché tramite il buco vediamo solo le cose che esso ci permette di vedere.
È sempre su un aspetto finito perché il punto di vista rende possibile la nostra posizione nell'esistenza. Questo fatto di essere-sempre dentro-l'esperienza non ci permette di conoscere niente di assoluto e di oggettivo. L'uomo è un essere storico, vive dentro la storia.
Esaminando meglio la metafora del buco della serratura, notiamo che si dà quanto vediamo al di là del buco, ossia il mondo, le cose, i fatti, le persone... ma bisogna anche considerare quanto c'è al di qua del buco. Infatti la nostra coscienza non è come una lastra fotografica che viene impressa passivamente dagli elementi che stanno al di là del buco, ma essa stessa mette qualcosa di suo nell'esperienza.
Non è un guardare neutro, ma orientato. Questo orientamento è apriori rispetto all'esperienza e possiamo chiamarla la dimensione trascendentale, in rapporto alla dimensione categoriale che è quando vediamo al di là del buco, ossia i fatti del mondo.
Quanto sta al di qua del buco della serratura non è una cosa. Le cose esistono solo al di là del buco. È piuttosto un insieme di atteggiamenti esistenziali presenti a priori in tutti gli uomini. In ogni conoscenza si dà un'unità della nostra coscienza che permette quella conoscenza. In ciò che conosciamo mettiamo non solo la cosa conosciuta ma anche qualcosa di noi che conosciamo.
Nella conoscenza delle cose che stanno oltre il buco, è presente un'attitudine trascendentale che sta alle nostre spalle, è impossibile da mettere a tema e non è oggettivabile. Non possiamo infatti staccare l'occhio dal buco e voltare la faccia all'indietro. Essa è a-tematica. Si può dire che essa sia un orizzonte che consiste nel nostro stare presso di noi.
Così facendo, Rahner eredita le prospettive di Heidegger, Kant e Hegel. Per Kant la nostra conoscenza è resa possibile e nello stesso tempo limitata da delle funzioni presenti a priori nella nostra intelligenza e con le quali noi organizziamo i dati sensibili.
Vediamo un mondo così, retto da certe regole e non altre, non perché abbiamo accesso al mondo come esso è in sé, ma perché non vi abbiamo accesso, potendo noi conoscere solo i fenomeni organizzati dalla nostra intelligenza e dalle sue categorie. All'uomo non è dato un punto di vista assoluto, ma solo all'interno della sua coscienza.
In Hegel questa coscienza dentro cui starebbe l'uomo diventa la Storia stessa. L'essere delle cose consiste nel loro cambiare e diventare altro da sé. L'uomo cambia con la società in cui vive, con la cultura che respira e con la forma politica di cui è cittadino. Niente rimane così com'è e, se qualcosa o qualcuno pretendesse di farlo, si trarrebbe fuori dal flusso vitale della storia. Si renderebbe vuoto e astratto, sarebbe la sua morte. Un singolo elemento o figura di questo continuo flusso storico non si spiega se non dentro il divenire del tutto.
La verità coincide con la coerenza del sistema. Tutto ciò che accade è vero e buono, esso porta con sé la sua ragion d'essere che gli è conferita dalla sistematicità del processo, per cui ogni cosa reale è anche logica.                            ̀
In Heidegger le categorie a priori di Kant sono sostituite dalla situazione esistenziale. Come per Hegel, anche per Heidegger l'uomo è dentro la storia, che egli però descrive come esistenza, come essere gettato qui o là, nelle diverse situazioni dentro le quali ci si progetta in modo irrimediabilmente finito.
Facendo l'analisi della nostra esistenza, scopriamo che l'essere coincide con essa. Noi siamo tanto quanto esistiamo. Non sporgiamo oltre la nostra esistenza con una essenza che permane uguale nel mutare delle situazioni esistenziali. La nostra essenza si riduce così al tempo.
Per Heidegger, l'essere è, in fondo, l'esistere. L'analitica esistenziale - ossia la descrizione delle situazioni di vita in cui ci troviamo - coincide con l'ontologia - ossia con lo studio dell'essere. L'esistere non dipende dal nostro essere e dai criteri che ne promanano, ma è esso stesso il nostro essere. L'essere è intensivo e verticale, l'esistenza è estensiva e orizzontale. In Heidegger, quindi, l'intensivo si fa estensivo e il verticale si fa orizzontale.
Poiché il nostro essere coincide con la nostra esistenza, quando noi ci poniamo il problema dell'essere siamo in esso già coinvolti e quindi non assumiamo un atteggiamento conoscitivo oggettivo.
Ecco perché conoscere è sempre interpretare, all'interno dell'orizzonte del linguaggio, che è non solo il nostro modo di parlare, ma soprattutto il nostro modo di essere. Non è che l'uomo prima sia e poi interpreti e parli: egli è il suo interpretare e il suo parlare.
La filosofia di riferimento di Karl Rahner, che abbiamo esemplificato con l'immagine del buco della serratura, è quindi questa.

https://www.youtube.com/watch?v=mINA0N3h60Q&t=859s

https://www.youtube.com/watch?v=MqQDj5KtIh4

https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2014/07/RAPPORTO- SULLA-FEDE-V.Messori.pdf
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