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 [Gv 1, 1-18]  In principio era il Verbo e il Verbo era in Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio con Dio.
Tutto quanto fu fatto, per mezzo di Lui è stato fatto, e senza di Lui nulla di ciò che fu fatto è stato creato.
In Lui era la Vita, e la Vita è la Luce degli uomini. E la Luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno compresa.
Ci fu un uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla Luce perché tutti credessero in Essa per mezzo di lui. Egli non era la Luce, ma era stato mandato per rendere testimonianza alla Luce. Alla vera Luce, quella che illumina ogni uomo che viene in questo mondo.
Il Verbo era ormai nel mondo, ma il mondo che era stato fatto per mezzo di Lui non lo conobbe. Venne alla sua Casa e i suoi non lo ricevettero. Ma a quelli che l’accolsero credendo al suo vero Nome diede il diritto di diventare figli di Dio. Costoro non sono generati da sangue e carne né da volere d’uomo, ma (per Gesù Cristo) in Dio sono nati.
E il Verbo si fece carne ed abitò fra noi e noi ne abbiamo contemplata la gloria che questo Unigenito Figlio del Padre riceve, piena di Grazia e verità.
E Giovanni testimoniò di Lui proclamando: “Questo è Colui che vi ho annunziato dicendo: Colui che verrà dopo di me in verità mi ha preceduto, perché è da prima di me”.
Dalla pienezza della sua Perfezione noi tutti abbiamo ricevuto e grazia sopra Grazia. Perché da Mosè abbiamo avuto soltanto la Legge, ma la Grazia e la Verità sono state diffuse da Gesù Cristo. Perché nessun uomo ha mai veduto Iddio, ma è l’Unigenito Figlio che sta nel seno del Padre che lo ha rivelato.

QUADERNETTI ♦ 25.7.48

Non Due Nature, ma Una sola. Non Una sola Persona, ma Due. Uguali per Natura. Diverse per rapporti personali di generazione. Un solo Essere, pur essendo due Persone distinte.
Perciò Dio il Padre, come Dio il Figlio, e formanti Un solo Dio. Eterno il Padre come eterno il Figlio.
Onnipotente, infinito, perfettissimo il Generato come il Generante.
Un solo volere, sapere, potere dei Due, pur essendo reciprocamente indipendenti nell’azione; volendo, sapendo, potendo il Verbo come vuole, sa e può il Pensiero che lo ha generato contemplandosi nelle sue perfettissime Perfezioni, e comprendendosi, poiché solo Dio può comprendere Dio, ed esultare nel vedersi.
Ed in questa esultazione generare la Luce, la Vita, perché fossero e creassero, moltiplicando la gioia amorosa di Dio che sfavilla nel poter effondere il suo amore su infinite creature, dando a tutte provvidenze, dando alla creatura fatta a sua immagine e somiglianza Sé stesso e il suo Regno, per poter circondarsi di un popolo di figli, illuminati, durante il tempo, dalla Luce perché possano conoscere, servire, amare il Signore, letificati dal godimento eterno della visione beatifica di Dio oltre il tempo.
Né il Verbo Generato è soggetto per inferiorità di relazioni al Pensiero Generante, ma è soltanto spontaneamente ubbidiente per amore santissimo di Figlio Divino al Padre suo che lo ha divinamente generato.
Perché è l’Amore quello che fa delle Persone distinte “Una sol cosa”. La Unità della Trinità è per lo Spirito Santo di Dio, ossia per la Carità che è lo Spirito del Signore. Spirito Ss. di Dio Ss.
Il Figlio, esultando nel seno del Padre, che esulta contemplando il suo Verbo e vedendo ogni creatura nella Luce da Lui generata, alla quale ha comunicato la Sua Vita ed ogni altra sua proprietà, meno quella sua propria di Padre; così come ogni creatura, dotata di spirito e di ragione, può conoscere sufficientemente Dio suo Creatore per la generazione eterna del Verbo e per la sua Incarnazione nel tempo, essendo nel Verbo Increato e nel Verbo Incarnato visibili tutte le mirabili perfezioni del Padre Iddio.
Nel Verbo Ss. tutto è presente della inconoscibile verità dei Cieli e della meravigliosa storia dei destini dell’uomo, e per il Verbo l’uomo può conoscere, essere reso atto ad amare e predestinato a possedere Dio, Colui che è l’Incomprensibile, ma che la Luce rivela in maniera conveniente perché l’uomo lo conosca e si salvi amandolo, avendo per questo amore la Vita.
Il Padre, compiacendosi dell’esultanza volonterosa del Figlio, immagine della Sua sostanza e splendore della Sua gloria, Fattore di ogni cosa fatta, Autore della rigenerazione dell’uomo alla vita soprannaturale.
E per questo reciproco esultare e compiacersi l’Uno dell’Altro, l’Uno nell’Altro, essendo dal principio senza principio Dio con Dio, Dio in Dio, ecco procedere l’Amore, Colui che darà, al tempo giusto, una Carne al Verbo Eterno, facendo del Figlio di Dio il Cristo, sempre Una sol cosa col Padre, ma non più una sola Natura in Due Persone, come era al principio, sibbene due nature nella sola persona dell’Uomo Dio, vero Dio nella sostanza del Padre dal quale mai si disunì, e vero Uomo per la sostanza presa dalla Madre.
Tutte le cose sono state fatte per mezzo del Verbo, volendo il Padre che tutte le cose che per mezzo del Verbo hanno avuto vita, tutte gli fossero sottoposte, e i cieli cantassero le sue lodi, i firmamenti lo incoronassero di astri, la terra fosse sgabello ed incensiere posto ai suoi piedi, le acque facessero un lavoro di zaffiri pari a quello visto da Mosè ed Ezechiele sotto il trono di Dio [Ez 1, 26], e le creature dotate di anima spirituale e ragionevole lo benedicessero con riconoscenza, per la duplice vita avuta per mezzo di Lui.
Egli in verità ha dato ad esse non soltanto l’esistenza temporanea, ma anche la Vita eterna, essendo Egli il Vivente e il Redentore che ha dato la sua vita nel tempo perché ogni uomo avesse diritto alla vita nell’eternità. E di comunicare questa vita Egli si compiace. E la comunica a seconda della natura e del fine della cosa creata per il volere onnipotente del Padre.
Infinitamente si compiace di poter comunicare la Vita soprannaturale agli uomini, e comunicarla nella misura giusta, perché non sia vilipesa e dispersa questa Gemma divina, né sia scarsa là dove la buona volontà porta un uomo sulla via della perfezione, e la dà con infinita e perfetta Sapienza perché ogni creatura che tende istintivamente al suo Creatore abbia nel tempo una conoscenza intuitiva di Lui e della Legge che a Lui conduce; e abbia nell’eternità il premio assegnato a coloro che vissero nell’amore e nella giustizia.
E, Figlio del Padre delle Luci, e Luce Divinissima Egli stesso, avendo ricevuto dal principio senza principio della sua generazione la proprietà di essere la Luce per ogni uomo che viene in questo mondo, Egli ogni uomo illumina perché veda il Signore, presente nelle molteplici meraviglie del Creato, e lo riconosca nella Voce risuonante nell’interno dell’uomo, nella misteriosa legge incisa dal dito di Dio sulle spirituali pagine dell’anima, nella coscienza, maestra che insegna, sprona, rattiene o rampogna. Misericordioso vestigio lasciato da Dio del dono di scienza perfetta dato ad Adamo perché sapesse distinguere il Bene dal Male, e freno messo all’io, non più fortificato dal dono dell’integrità, perduta come la scienza ai piedi dell’albero fatale, perché l’uomo, vedendo il Supremo Bene nel raggio dell’amorosa Luce Divina, sappia Quello volere e non altro, ed abbia così la gloria dei figli di Dio.
Il Verbo è Vita, il Verbo è Luce, essendo il Verbo Grazia.
E la Grazia è vita divina che si innesta alla vita umana, vita soprannaturale infusa a quella naturale per fare gli uomini capaci da vivere da figli di Dio e perciò partecipi della vita divina.
E la Grazia è raggio transeunte della divina Luce che penetra e innonda, venendo direttamente da Dio, e illumina l’uomo, perché possa conoscerlo intuitivamente, e lo accende, perché lo possa amare. Senza la deificazione ottenuta per mezzo della Grazia l’uomo non potrebbe comprendere ciò che tanto eccede le cose naturali e le capacità di comprensione della creatura naturale da essere l’Incomprensibile. Ma la Grazia, elevando l’uomo all’ordine soprannaturale, lo fa capace di comprendere l’Incomprensibile, di conoscere intuitivamente Dio, di amare Quegli che vuole essere chiamato “Padre” e vuole chiamare “figli” quelli ai quali ha dato per fine ultimo il godimento della visione beatifica di Lui e l’eredità del pacifico Regno dei Cieli.
Senza la misericordiosa ed inesauribile effusione della Luce della Vita, gli uomini vissuti nei millenni che vanno dalla Colpa alla Redenzione si sarebbero smarriti, ignorando l’esistenza certa di Dio, e sarebbero periti non essendo più mossi da amore.
Ma la vitale Luce misericordiosa, tenendo desto e illuminato nelle anime il ricordo di Dio, suscitò in esse l’anelito al Bene perduto, lo aiutò nel crescere, tanto più lo aiutò quanto più l’anima era istintivamente sitibonda di riunirsi alla Sorgente divina dalla quale era venuta, di modo che condusse e conduce sui sentieri della Vita i giusti, amanti di Dio, fosse Esso il Dio noto del Popolo ebreo, o l’ignoto Dio dei Gentili, o la divinità intuita essere dagli idolatri che adoravano, e adorano, come possono, ma ai quali non è mancato, e non manca per questo loro adorare, che è fede in un Dio esistente, ed è amore per esso, ed è pentimento per le violazioni alla legge morale naturale, l’aiuto misterioso di Dio.
Le misteriose operazioni di Dio nell’intimo delle anime solo Dio e quelli che le ricevono le conoscono. Ispirazioni, impulsi al bene, adorazioni ardenti, contrizioni perfette, creano, durante la vita terrena e sulle soglie dell’altra, per la misericordia di Dio e la buona volontà dell’uomo, prodigi di filiazione divina per i quali coloro che furono giusti e amanti, pur non essendo stati del Popolo eletto prima, del Popolo santo poi (i fedeli cattolici) possono far parte della moltitudine del Popolo di Dio, essendo, prima e dopo dell’avvento di Cristo in Terra, vissuti “da cristiani”, parte perciò dell’anima della Chiesa di Cristo, e quindi “salvati” per i meriti di Lui.
Né paia eresia. Come il Battista fu presantificato prima che nato fosse [Lc 1, 41], ed ebbe la gloria prima dell’effusione del sangue di Cristo, ma sempre in vista di questa effusione del Sangue divino, del Sacrificio perfetto, della santità del Dio Uomo, altrettanto può darsi che uscendo dall’oscurità della vita terrena, dal seno della terra per nascere alla vita ultraterrena, per passare dalle tenebre del mondo materiale alla luce del mondo spirituale, coloro che mossi da buona volontà seguirono la legge del dovere morale, non per paura dei castighi umani, ma per impulso d’amore spirituale verso l’Immenso Spirito che il raggio di Dio ricordava all’anima ragionevole, abbiano diritto alla vita eterna e ne entrino in possesso, non potendosi pensare che Dio: il Giusto, il Misericordioso, la Carità infinita, il Padre di tutti gli uomini, possa lasciare senza premio coloro che se lo sono meritato.
Ma la Luce, splendente, con misericordia, durante i millenni dell’attesa, fu accolta da pochi giusti, mentre fu in­compresa da troppi che erano “abissi informi e vuoti avvolti nelle tenebre” [Gen 1, 1-2], ossia sepolcri di spiriti uccisi dalla sfrenatezza dell’uomo carnale nel quale la concupiscenza triplice ha spento ogni luce, non solo divina ma anche ragionevole.
E come agli inizi della Creazione le tenebre che coprivano l’abisso informe e vuoto della Terra non compresero la bellezza, potenza e grandezza dell’elemento luce, principio indispensabile al formarsi del Creato, così altrettanto agli inizi della Redenzione – e inizio s’ebbe dal principio dell’esistenza umana dell’uomo decaduto, pur essendo vero e reale inizio l’avvento del Cristo sulla Terra, e inizio più completo il tempo della sua predicazione, e inizio perfetto il dì di Parasceve – le tenebre: gli uomini oscurati dalle concupiscenze, non compresero la Luce.
Non vollero comprenderla i libidinosi del censo e del potere. Non potevano comprenderla i sopraffatti dal senso.
Ma più per questi che per quelli Dio mandò un uomo senza peccato, il profetizzato dai Profeti come “angelo precorrente l’Angelo del Testamento”, come “voce gridante nel deserto” dei cuori aridi di Grazia, come il Precursore inviato “a preparare le vie del Signore”, ad invitare gli uomini a penitenza, perché si aprissero le orecchie del loro spirito ad intendere la Parola, e le pupille del loro spirito a vedere la vera Natura di Gesù di Nazaret: il Cristo.
Giovanni non era la Luce. Ma per la Grazia avuta mentre ancora era nel seno materno, e conservata con l’innocenza e penitenza perfette della vita, era in grado di vedere la Luce chiusa nella Carne dell’Uomo, e di testimoniare perciò che quell’Uomo era la Luce Vera discesa dal Cielo, mandata dal Padre ad illuminare ogni uomo, e che andava seguito credendo alla sua Verità per avere salvezza, accogliendo la sua Parola per essere accolti da Lui come suoi discepoli, ed essere così rigenerati figli di Dio.
Ma nonostante la testimonianza data da Giovanni al mondo d’Israele e al resto del mondo rappresentato dai Gentili presenti fortuitamente in Palestina nell’anno decimoquinto dell’Impero di Tiberio Cesare, le genti, che erano state fatte per mezzo del Verbo, non lo conobbero per ciò che Egli era.
Pochi, sui moltissimi, accettarono la testimonianza di Giovanni, la testimonianza degli avvenimenti connessi alla vita del Cristo, la testimonianza della sua vita e dei suoi miracoli, la testimonianza del Padre e dello Spirito Santo. I più non lo vollero conoscere. E quando Egli si volse particolarmente a quelli della sua Casa – sua secondo il Sacerdozio, essendo Egli stato costituito dal Padre Sommo Sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec, e sua secondo la nascita in Betlem Efrata – non fu accolto. Ma anzi fu trattato come uno straniero, odiato come un nemico, accusato come un colpevole, proscritto come un ribelle, maledetto come un indemoniato, e infine imprigionato e consegnato al Proconsole perché fosse giudicato reo di morte come sovvertitore del popolo e bestemmiatore sacrilego, e trascinato a morire, mediante il supplizio infamante della croce, fuori delle mura della Città non più santa, come un ladrone omicida.
Ma a quelli che lo accolsero, allora e nei secoli, ai poveri di spirito, ai mansueti, a quelli che piangono, ai desiderosi di giustizia, ai misericordiosi, ai puri di cuore, ai pacifici, ai perseguitati, ai piccoli, ai pentiti, a quelli che lo amarono credendo nel suo vero Nome e accolsero in cuore la sua Parola e la sua Legge, Egli rivelò il Padre e il Regno, e quanto è da farsi per possederli, insegnò la Verità, comunicò la Vita, infuse la Grazia e le Virtù, instaurò in essi il regno luminoso di Dio, onde figli di Dio tornassero ad essere e con pieno diritto potessero essere così chiamati.
Di questi il Verbo, dopo essersi fatto loro Fratello nell’Umanità, si è fatto seno fecondo, accogliendoli nella sua amorosa e feconda immensità, incorporandoli a Sé perché essendo in Lui fossero nel Padre.
E dopo averli così ricreati dà alla luce questi nuovi figli di Dio, li dà con grida, lacrime e dolore della sua Umanità, con esultanza della sua Divinità, dicendo al Padre le perfette parole della sua orante e perpetua offerta: [Gv 17, 6-11] “Ecco, o Padre mio, questa tua nuova famiglia, il tuo popolo santo. Essi sono miei, perché Tu me li hai affidati, ma Io te li dono perché ogni cosa mia è tua, ed ogni cosa tua è mia. Te li dono perché ti glorifichino così come mi hanno glorificato riconoscendomi per quello che sono, accogliendo la tua Parola, credendo che Io vengo da Te e che Tu mi hai mandato. Ma in Me ancora li tengo perché Tu in Me: Gesù Cristo, li veda, così come già li vedesti dal principio in Me, Verbo Increato, ed essendo in Me, ancora una sol cosa con Te siano, così come Io sono in Te, e come Noi Due siamo una sola cosa”.
Questa è la generazione dei figli di Dio.
Essi non sono figli per essere stati concepiti, formati e dati alla luce per voglia di carne e sangue d’uomo, ma vengono generati dallo Spirito, e spiritualmente, per la fede, la carità, la vita nel Cristo-Vita.
Il Verbo Incarnato, Gesù, Luce del mondo, li dà alla luce. Perciò da Dio sono nati essendo il Verbo un’Unica Cosa col Padre che genera per potenza d’amore infinito.
Ecco dunque che così come nell’eterna generazione del Verbo e nella sua Incarnazione nel tempo, il Fattore generativo fu l’Amore: prima di tutte le sue Perfezioni, la sua Perfezione di Natura dopo la quale tutte le altre poi vengono, anche nella rigenerazione dell’uomo è ancora l’amore la potenza che crea la ricreazione dell’uomo a figlio di Dio, la vita dell’uomo in Dio e il Regno di Dio nell’uomo, perché senza il divino amore non ci sarebbe stata la redenzione, e senza l’amore dell’uomo a Dio e alla sua Legge di carità non ci può essere unione con Dio, Dio nell’uomo e l’uomo in Dio.
Prima della venuta del Verbo il mistero di Dio era così nascosto che l’uomo aveva, da esso, ostacolo all’amare. Ma da quando l’eterno Verbo del Padre lasciò il Cielo per abita-
re, Uomo fra gli uomini, coi fratelli, l’ostacolo venne rimosso, perché lo splendore di Dio, la verità del suo Essere, la sua potenza, le sue perfezioni infinite, la sua misericordia e il suo amore, rifulsero agli occhi degli uomini essendo tutto gloriosamente manifesto nell’Unigenito Figlio del Padre, che dal Padre tutto aveva ricevuto, e manifestato con pienezza di Grazia e di Verità.
E non bastando ancora, ad abbattere totalmente l’ostacolo dell’incertezza sulle verità di Dio, la Parola Ss., il suo esempio, le sue opere, quelle opere che Egli compiva perché il Padre gli aveva commesso di compierle, non bastando la testimonianza del Padre data con la Voce e con il benedire del suo consenso ogni atto o richiesta del Figlio, ecco la parola dell’uomo venerato da Israele come Profeta grande tanto da essere creduto il Cristo: “Questi è Colui che, pur essendo venuto dopo di me, mi ha preceduto, perché è da prima di me”.
E veramente “da prima” di ogni creatura è il Verbo, essendo stato generato avanti d’ogni creazione ed avendo il primato, anche come Figlio dell’Uomo, in ogni perfezione naturale e soprannaturale, Lui perfetto come Dio e perfetto come Uomo, superiore agli Angeli, uguale solo al Padre suo.
E per questa sua duplice perfezione di Dio e di Uomo tutti gli uomini hanno ricevuto, e riceveranno sino alla fine dei secoli, grazie d’ogni genere, oltre che la Grazia, necessaria per conseguire la gloria alla quale l’amoroso desiderio di Dio ha predestinato l’uomo.
Quanto la Luce Santissima: il Verbo, ha donato agli uomini, supera infinitamente quanto Mosè ottenne per gli uomini. Perché per Mosè l’uomo ottenne la Legge, ma dal Cristo gli uomini ottengono di potere praticare la Legge non per timore ma per amore, adorando così Iddio in spirito e verità.
Sono la Grazia e la Verità diffuse da Gesù Cristo che hanno fatto gli uomini sapienti di Dio, e perciò di Lui filialmente amorosi.
Perché tanto più si ama quanto più la cognizione è certa. Non si può amare chi non si sa di sicuro che esista e che accetti l’amore che gli è offerto. Tanto più si ama quando si è certi che colui che si ama ci ama, non il doppio né il centuplo, ma senza misura.
L’uomo d’Israele, per tradizione, l’uomo giusto d’ogni popolo per soprannaturale illuminazione, sentivano esservi una Divinità provvida, onnipotente, eterna, creatrice di tutte le cose naturali, e anche dell’anima immortale, e l’uomo d’Israele inoltre per fede attendeva anche il Messia promesso dall’inizio dei tempi.
Ma la carnalità dell’uomo decaduto dalla grazia aveva alterato l’idea messianica, e da spirituale quale era ne aveva fatto un’idea puramente umana. Per questo anche i migliori d’Israele avevano una cognizione molto parziale di Dio. Poco sapendo poco amavano. I migliori temendo eccessivamente il Dio terribile del Sinai. I peggiori irridendosi di Lui e della sua Legge, nonostante le pompose esibizioni di un culto tutto esterno.
E poco amando poco sentivano Dio nei loro cuori, credendosi perciò poco amati. E credendosi poco amati poco osavano tendere all’Amore che essi credevano soltanto Rigore di infinita Maestà. La loro mente non poteva concepire un amore divino grande sino ad immolarsi per l’amore dell’uomo e per il suo bene soprannaturale.
Ma Gesù Cristo, l’Unigenito Figlio di Dio, con la sua Parola e con le sue azioni, con tutto Sé stesso, ha rivelato il Signore nella sua Verità.
Egli, che lo conosce perfettamente perché è nel seno del Padre, ha svelato l’infinito amore di Dio che è giunto a dare il suo Unigenito perché fosse immolato per restituire la Grazia, ossia per dare Sé stesso agli uomini, per reintegrare gli uomini, discesi all’ordine naturale, nell’ordine soprannaturale.
Egli ancora, e per la Grazia e per la sua Parola, li ha tutti ammaestrati. Da Dio, come è detto dai profeti, perché tutti conoscessero il Tutto. E con tutta la sua vita di Figlio dell’Uomo, di Maestro e Redentore perché tutti conoscessero il Padre che è Dio ed è Padre universale.
A tutti quelli di buona volontà Gesù ha rivelato l’incomprensibile mistero di Dio. Tutto quanto è nascosto, dell’Incomprensibile Natura e delle sovraonnipotenti perfezioni divine, Gesù in Sé e per Sé lo rende visibile e cognito.
Solo quelli ostinati nell’impenitenza e nella superbia ribelle poterono e possono, dopo la manifestazione finale dell’Uomo-Dio, negare ancora di aver conosciuto Dio. Egli alla loro sarcastica domanda sempre risponde: “Sono il Principio che vi parlo” assicurando: “Per l’innalzamento del Figlio dell’Uomo voi conoscete chi sono” e questa assicurazione ha la sua conferma nei segni tremendi che accompagnarono la sua Morte e nella sua Risurrezione.
Né ha più scuse il perseverare dell’Umanità nella incredulità e ignoranza nate dall’odio.
Perché la Luce ha ormai balenato con tutta la sua potenza di Dio, rivelando il Dio Uno e Trino in tutta la sua onnipotenza, sapienza e bontà perfettissime, né quella Luce si offuscherà in eterno.

 
25 luglio 1948.8 ♦ dopo il dettato sul I cap. di Giovanni.
Lo Spirito Santo è lo Spirito Ss. del Ss. Increato, Purissimo Spirito che è il Signore. L’essenza di Dio, il suo principale attributo è la Carità. Ecco: il fuoco della Carità Divina, l’immenso, perfettissimo Fuoco della Carità Divina, che genera il Figlio e per il Figlio tutte le cose create, sia mortali o peribili, sia immortali (lo spirito nostro e gli angeli) e tutte vede nella Carità e a tutte provvede, è il Santo Spirito di Dio.
Come in noi l’anima è lo spirito nostro, così l’anima di Dio (mi si conceda il paragone) è l’amore, è l’amore che anima Dio in tutte le sue azioni così come in noi è lo spirito che anima la carne e ci dà somiglianza con Dio.
Senza il suo Spirito Santo Dio non sarebbe più Dio perché non sarebbe più amore.
(Questo è ciò che la Luce mi ha fatto comprendere).
[Deviando dall’ordine cronologico, lasciamo raggruppate, come sono sull’originale autografo, le seguenti annotazioni che hanno date diverse)

25-7 (il grande dettato sul I cap. di S. Giovanni).
«E sono sicuri che sia stato sepolto sul Vaticano».
29-7. Le anime amanti e i cigni.
1-8. «Ricordati che c’era l’Ostrianum per i martiri».
4-8-48. Ai Vescovi… (!).
[?-]8-48 «Scrivi a M.r Barneschi».
«S. Pietro evangelizzava all’Ostrianum…».
27-8, ore 16-19-22
Visione di S. Pietro e parole angeliche sul luogo dove fu portato dopo morto.
29-8. «Quale e se fu provata [?] Maria Ss.».

♦ Estratto dai «QUADERNETTI» ♦ Copyright © Fondazione Erede di Maria Valtorta • ETS

244. Giovanni ripete un discorso di Gesù sul Creato e sui popoli che attendono la Luce.
5 agosto 1945.
244.1Stanno tutti salendo per fresche scorciatoie che portano a Nazaret. Le coste delle colline galilee sembrano create in quella mattina, tanto la recente burrasca le ha lavate e la rugiada le mantiene lucide e fresche, tutte un brillio al primo sole. L’aria è così pura che discopre ogni particolarità dei monti più o meno vicini e dà un senso di leggerezza e di brio.
Quando viene raggiunto lo scrimolo di un colle la vista si bea su uno scorcio di lago, bellissimo in questa luce mattinale. Tutti ammirano, imitando Gesù. Ma Maria di Magdala presto storce lo sguardo da quel punto cercando in altra direzione qualche cosa. I suoi occhi si posano sulle creste montane che sono a nord-ovest dal punto dove si trova, e pare non trovare.
Susanna, perché è presente anche lei, le chiede: «Che cerchi?».
«Vorrei riconoscere il monte dove incontrai[28] il Maestro».
«Chiedilo a Lui».
«Oh! non merita che io lo disturbi. Sta parlando proprio con Giuda di Keriot».
«Che uomo quel Giuda!», sussurra Susanna. Non dice altro, ma si capisce il resto.
«Quel monte non è certo su questa via. Ma qualche volta ti ci condurrò, Marta. C’era un’aurora come questa e tanti fiori… E tanta gente… Oh! Marta! Ed io ho osato mostrarmi a tutti con quella veste di peccato e con quegli amici… No, non puoi essere offesa per le parole di Giuda. Me le sono meritate. Tutto mi sono meritato. E in questo soffrire è la mia espiazione. Tutti ricordano, tutti hanno diritto di dirmi la verità. E io devo tacere. Oh! se si riflettesse prima di peccare! Chi mi offende ora è il mio più grande amico, perché mi aiuta ad espiare».
«Ma ciò non toglie che egli ha mancato. Madre, è proprio contento di quell’uomo tuo Figlio?».
«Bisogna molto pregare per lui. Così Egli dice».
244.2Giovanni lascia gli apostoli per venire ad aiutare le donne in un passaggio scabroso su cui i sandali scivolano, molto più che il sentiero è sparso di pietre lisce, come scaglie di ardesia rossastra, e di un’erbetta lucida e dura, molto traditrici per il piede che su esse non ha presa. Lo Zelote lo imita e appoggiandosi a loro le donne superano il punto pericoloso.
«È un poco faticosa questa via. Ma è senza polvere e senza folla. Ed è più breve», dice lo Zelote.
«La conosco, Simone», dice Maria. «Venni a quel paesello a mezza costa, con i nipoti, quando Gesù fu cacciato da Nazaret», dice Maria Ss. e sospira.
«Però è bello da qui il mondo. Ecco là il Tabor e l’Hermon, e a settentrione i monti d’Arbela, e là in fondo il grande Hermon. Peccato che non si veda il mare come si vede dal Tabor», dice Giovanni.
«Ci sei stato?».
«Sì, col Maestro».
«Giovanni, col suo amore per l’infinito, ci ha ottenuto una grande letizia, perché Gesù, là in cima, parlò di Dio con un rapimento mai udito. E poi, dopo avere avuto già tanto, ottenemmo una grande conversione. Lo conoscerai anche tu, Maria. E ti si fortificherà lo spirito più ancora che già non sia. Trovammo un uomo indurito nell’odio, abbruttito dai rimorsi, e Gesù ne fece uno che non esito a dire che sarà un grande discepolo. Come te, Maria. 244.3Perché, credi pure che è verità ciò che ti dico, noi peccatori siamo i più cedevoli al Bene che ci prende, perché sentiamo il bisogno di essere perdonati anche da noi stessi», dice lo Zelote.
«È vero. Ma tu sei molto buono dicendo “noi peccatori”. Tu sei stato un disgraziato, non un peccatore».
«Tutti lo siamo, chi più chi meno, e chi crede di esserlo meno è il più soggetto a divenirlo se pure non lo è già. Tutti lo siamo. Ma i più grandi peccatori che si convertono sono quelli che sanno essere assoluti nel bene come lo furono nel male».
«Il tuo conforto mi solleva. Sei sempre stato un padre per i figli di Teofilo, tu».
«E come un padre giubilo di avervi tutti e tre amici di Gesù».
«Dove lo avete trovato quel discepolo gran peccatore?».
«A Endor, Maria. Simone vuol dare al mio desiderio di vedere il mare il merito di tante cose belle e buone. Ma se Giovanni l’anziano è venuto a Gesù non è per merito di Giovanni lo stolto. È per merito di Giuda di Simone», dice sorridendo il figlio di Zebedeo.
«Lo ha convertito?», chiede dubbiosa Marta.
«No. Ma ha voluto andare a Endor e…».
«Sì, per vedere l’antro della maga… È un uomo molto strano Giuda di Simone… Bisogna prenderlo come è… Già!… E Giovanni di Endor ci guidò alla caverna e poi rimase con noi. Ma, figlio mio, sempre tuo è il merito, perché senza il tuo desiderio di infinito non avremmo fatto quella via e non sarebbe venuto a Giuda di Simone il desiderio di andare a quella strana ricerca».
244.4«Mi piacerebbe sapere cosa ha detto Gesù sul Tabor[29]… come mi piacerebbe riconoscere il monte dove lo vidi», sospira Maria Maddalena.
«Il monte è quello su cui pare ora accendersi un sole per quel piccolo stagno, usato dalle greggi, che raccoglie le acque sorgive. Noi eravamo più su, dove la cima pare spaccata come un largo bidente che voglia infilzare le nuvole e portarle altrove. Per il discorso di Gesù, credo che Giovanni te lo può dire».
«Oh! Simone! Può mai un ragazzo ripetere le parole di Dio?».
«Un ragazzo no. Tu sì. Provati. Per compiacenza alle tue sorelle e a me che ti voglio bene».
244.5Giovanni è molto rosso quando inizia a ripetere il discorso di Gesù.
«Egli disse:
“Ecco la pagina infinita su cui le correnti scrivono la parola ‘Credo’. Pensate il caos dell’Universo avanti che il Creatore volesse ordinare gli elementi e costituirli a meravigliosa società, che ha dato agli uomini la Terra e quanto contiene e al firmamento gli astri e i pianeti. Tutto già non era. Nè come caos informe, né come cosa ordinata. Dio la fece. Fece dunque per primi gli elementi. Perché necessari sono, sebbene talora sembra che siano nocivi.
Ma, pensatevelo sempre, non c’è la più piccola stilla di rugiada che non abbia la sua ragione buona di essere; non c’è insetto, per piccolo e noioso che sia, che non abbia la sua ragione buona di essere. E così non c’è mostruosa montagna eruttante dalle viscere fuoco e incandescenti lapilli che non abbia la sua ragione buona di essere. E non vi è ciclone senza motivo. E non vi è — passando dalle cose alle persone — e non vi è evento, non pianto, non gioia, non nascita, non morte, non sterilità o maternità abbondante, non lungo coniugio né rapida vedovanza, non sventura di miserie e malattie, come non prosperità di mezzi e di salute, che non abbia la sua ragione buona di essere, anche se tale non appaia alla miopia e alla superbia umana, che vede e giudica con tutte le cataratte e tutte le nebbie proprie delle cose imperfette. Ma l’occhio di Dio, ma il pensiero senza limitazione di Dio, vede e sa. Il segreto per vivere immuni da sterili dubbi che innervosiscono, esauriscono, avvelenano la giornata terrena, è nel saper credere che Dio fa tutto per ragione intelligente e buona, che Dio fa ciò che fa per amore, non nello stolido intento di crucciare per crucciare.
244.6Dio aveva già creato gli angeli. E parte di essi, per avere voluto non credere che fosse buono il livello di gloria al quale Dio li aveva collocati, si erano ribellati e con l’animo arso dalla mancanza di fede nel loro Signore avevano tentato di assalire il trono irraggiungibile di Dio. Alle armoniose ragioni degli angeli credenti avevano opposto il loro discorde, ingiusto e pessimistico pensiero, e il pessimismo, che è mancanza di fede, li aveva da spiriti di luce fatti divenire spiriti ottenebrati.
Viva in eterno coloro che in Cielo come in Terra sanno basare ogni loro pensiero su un presupposto di ottimismo pieno di luce! Mai sbaglieranno completamente, anche se i fatti li smentiranno. Non sbaglieranno almeno per quanto riguarda il loro spirito, il quale continuerà a credere, a sperare, ad amare soprattutto Dio e prossimo, rimanendo perciò in Dio fino ai secoli dei secoli!
Il Paradiso era già stato liberato da questi orgogliosi pessimisti, i quali vedevano nero anche nelle luminosissime opere di Dio, così come in Terra i pessimisti vedono nero anche nelle più schiette e solari azioni dell’uomo, e per volersi separare in una torre di avorio, credendosi gli unici perfetti, si autocondannano ad una oscura galera, la cui via termina nelle tenebre del regno infero, il regno della Negazione. Perché il pessimismo è Negazione esso pure.
244.7Dio fece dunque il Creato. E come per comprendere il mistero glorioso del nostro Essere uno e trino bisogna saper credere e vedere che fin dal principio il Verbo era, ed era presso Dio, uniti dall’Amore perfettissimo che solo possono effondere due che Dèi sono pur essendo Uno, così ugualmente, per vedere il creato per quello che è, occorre guardarlo con occhi di fede, perché nel suo essere, così come un figlio porta l’incancellabile riflesso del padre, così il creato ha in sé l’incancellabile riflesso del suo Creatore. Vedremo allora che anche qui in principio fu il cielo e la terra e fu poi la luce, paragonabile all’amore. Perché la luce è letizia così come lo è l’amore. E la luce è l’atmosfera del Paradiso. E l’incorporeo Essere che è Dio, Luce è, ed è Padre di ogni luce intellettiva, affettiva, materiale, spirituale, così in Cielo come in Terra.
In principio fu il cielo e la terra, e per essi fu data la luce e per la luce tutte le cose furono fatte. E come nel Cielo altissimo furono separati gli spiriti di luce da quelli di tenebre, così nel creato furono separate le tenebre dalla luce e fu fatto il Giorno e la Notte, e il primo giorno del creato fu, col suo mattino e la sua sera, col suo meriggio e la sua mezzanotte. E quando il sorriso di Dio, la luce, tornò dopo la notte, ecco che la mano di Dio, il suo potente volere, si stese sulla terra informe e vuota, si stese sul cielo su cui vagavano le acque, uno degli elementi liberi nel caos, e volle che il firmamento separasse il disordinato errare delle acque fra il cielo e la terra, acciò fosse velario ai fulgori paradisiaci, misura alle acque superiori, perché sul ribollire dei metalli e degli atomi non scendessero i diluvi a dilavare e disgregare ciò che Dio riuniva.
L’ordine era stabilito nel Cielo. E l’ordine fu sulla Terra per il comando che Dio dette alle acque sparse sulla Terra. E il mare fu. Eccolo. Su esso, come sul firmamento, è scritto: ‘Dio è’. Quale che sia l’intellettualità di un uomo e la sua fede o la sua non fede, davanti a questa pagina, in cui brilla una particella dell’infinità che è Dio, in cui è testimoniata la sua potenza — perché nessuna potenza umana né nessun assestamento naturale di elementi possono ripetere, seppure in minima misura, un simile prodigio — è obbligato a credere. A credere non solo alla potenza ma alla bontà del Signore, che per quel mare dà cibo e vie all’uomo, dà sali salutari, dà tempera al sole e spazio ai venti, dà semi alle terre l’una dall’altre lontane, dà voce di tempeste perché richiamino la formica che è l’uomo all’Infinito suo Padre, dà modo di elevarsi, contemplando più alte visioni, a più alte sfere.
244.8Tre sono le cose che più parlano di Dio nel creato che è tutto testimonianza di Lui. La luce, il firmamento, il mare. L’ordine astrale e meteorologico, riflesso dell’Ordine divino; la luce, che solo un Dio poteva fare; il mare, la potenza che solo Dio, dopo averla creata, poteva mettere in saldi confini, dandole moto e voce, senza che per questo, come turbolento elemento di disordine, sia danno alla terra che lo sopporta sulla sua superficie.
Penetrate il mistero della luce che mai si consuma. Alzate lo sguardo al firmamento dove ridono le stelle e i pianeti. Abbassate lo sguardo al mare. Vedetelo per quello che è. Non separazione, ma ponte fra i popoli che sono sulle altre sponde, invisibili, ignote anche, ma che bisogna credere che ci siano solo perché è questo mare. Dio non fa nulla di inutile. Non avrebbe perciò fatto questa infinità se essa non avesse a limite, là, oltre l’orizzonte che ci impedisce di vedere, altre terre, popolate da altri uomini, venuti tutti da un unico Dio, portati là, per volere di Dio, a popolare continenti e regioni, da tempeste e correnti. E questo mare porta nei suoi flutti, nelle voci delle sue onde e delle sue maree, appelli lontani. Tramite è, non separazione.
Quell’ansia che dà dolce angoscia a Giovanni è questo ap pello di fratelli lontani. Più lo spirito diviene dominatore della carne e più è capace di sentire le voci degli spiriti che sono uniti anche se divisi, così come i rami sgorgati da un’unica radice sono uniti anche se l’uno neppur più vede l’altro perché un ostacolo si frappone fra essi.
Guardate il mare con occhi di luce. Vi vedrete terre e terre sparse sulle sue spiagge, ai suoi limiti, e nell’interno terre e terre ancora, e da tutte giunge un grido: ‘Venite! Portateci la Luce che voi possedete. Portateci la Vita che vi viene data. Dite al nostro cuore la parola che ignoriamo ma che sappiamo essere la base dell’universo: amore. Insegnateci a leggere la parola che vediamo tracciata sulle pagine infinite del firmamento e del mare: Dio. Illuminateci perché sentiamo che una luce vi è più vera ancora di quella che arrossa i cieli e fa di gemme il mare. Date alle nostre tenebre la Luce che Dio vi ha data dopo averla generata col suo amore, e l’ha data a voi ma per tutti, così come la dette agli astri ma perché la dessero alle terre. Voi gli astri, noi la polvere. Ma formateci così come il Creatore creò con la polvere la terra perché l’uomo la popolasse adorandolo ora e sempre, finché venga l’ora che più terra non sia, ma venga il Regno. Il Regno della luce, dell’amore, della pace, così come a voi il Dio vivente ha detto che sarà, perché noi pure siamo figli di questo Dio e chiediamo di conoscere il Padre nostro’.
E per vie di infinito sappiate andare. Senza timori e senza sdegni. Incontro a quelli che chiamano e piangono. Verso quelli che vi daranno anche dolore perché sentono Dio ma non sanno adorare Dio, ma che pure vi daranno la gloria perché grandi sarete quanto più possedendo l’amore lo saprete dare, portando alla Verità i popoli che attendono”.
244.9Gesù ha detto così, molto meglio di come io ho detto. Ma almeno questo è il suo concetto».
«Giovanni, tu hai dato una esatta ripetizione del Maestro.
Solo hai lasciato ciò che disse del tuo potere di capire Iddio per la tua generosità di donarti. Tu sei buono, Giovanni. Il migliore fra noi! Abbiamo fatto la via senza avvedercene. Ecco là Nazaret sulle sue colline. Il Maestro ci guarda e sorride. Raggiungiamolo solleciti per entrare in città uniti».
«Io ti ringrazio, Giovanni», dice la Madonna. «Hai fatto un grande regalo alla Mamma».
«Io pure. Anche alla povera Maria tu hai aperto orizzonti infiniti…».
«Di che parlavate tanto?», chiede Gesù ai sopraggiungenti.
«Giovanni ha ripetuto il tuo discorso del Tabor. Perfettamente. E ne fummo beati».
«Sono contento che la Madre lo abbia udito, Lei che porta un nome in cui il mare non è estraneo e possiede una carità vasta come il mare».
«Figlio mio, Tu la possiedi come Uomo, e nulla ancora è rispetto alla tua infinita carità di Verbo divino. Mio dolce Gesù!».
«Vieni, Mamma, al mio fianco. Come quando tornavamo da Cana o da Gerusalemme quando ero bambino e tu mi tenevi per mano».
E si guardano col loro sguardo d’amore.
[28] dove incontrai, in 174.11/14.
[29] sul Tabor… L’opera non ha mostrato quella sosta sul monte, ma solo l’andata ad esso (in 187.5) e il ritorno (in 188.1).

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